Ti racconto l'ossessione

Ti capita mai di avere un pensiero che ti tormenta? All’inizio è solo un bisbiglio, a tratti anche talmente bizzarro da divertirti. “È assurdo!” dici a te stesso. “L’avrà pensato qualcun altro e per sbaglio è scivolato nella mia testa. È solo un irritante scherzo del caso, prima o poi andrà via da solo.”



Ma rimane. Rimane come un’incisione sul cervello, come una scritta indelebile sul muro.  Cerchi di strofinarla via fino a ferirti le mani, ma non ottieni niente se non altro dolore. E prima o poi cominci a crederci. Anche se all’inizio ti sembrava ridicolo, adesso senti la necessità di annullarlo, neutralizzarlo, cancellarlo dalla faccia della Terra a qualsiasi costo.

Cerchi di pensare ad altro, di distrarti e ogni tanto hai un po’ di sollievo. Finché quel pensiero diventa talmente forte da ossessionarti e spingerti ad agire. 


Magari se hai paura di infettarti con una malattia mortale ti lavi più spesso le mani. Se hai il dubbio di aver lasciato le chiavi in auto torni a controllare, anche se l’hai appena fatto. E lo sai che quello che fai è assurdo, ma non riesci a fermarti, non riesci a controllarti. È come se quel pensiero avesse preso il timone del tuo veliero, quel veliero che si chiama Vita.

Poi cominci a tormentare gli altri perché stai talmente male che non ti frega più nulla di chi ti circonda, hai solo bisogno di un po’ di sollievo e cominci a chiedere: “Sto per morire? Sei sicuro che non sto per morire? E se ti sbagliassi? Se rimanesse poco tempo? Se sono i miei ultimi momenti di vita?”


E questo ti allontana da tutti e finisci per sentirti non solo angosciato da quel pensiero, ma anche tremendamente abbandonato e senza speranze. 

Continui a chiedere aiuto e quando anche i tuoi cari non ne possono più qualcuno ti dice: “Ma perchè non provi ad andare da uno psicologo? Da un dottore? Magari possono aiutarti, non sei più quello di prima.”


Ed è vero che non sei più quello di prima. Eri riuscito a crescere, a superare le difficoltà della vita, a trovare un buon equilibrio, qualcuno che ti vuole bene. Non sono queste le cose che contano davvero?


“Non sono pazzo!” pensi. Non ho allucinazioni, né deliro. Sono lucidissimo, so benissimo qual è il mio problema! È questo dannato pensiero ossessivo che mi tormenta. Se solo sparisse così come è comparso la mia vita tornerebbe quella di prima!”


Ma ti rendi conto che i tuoi cari ti allontanano, non ti sopportano, sei solo un peso. Te la prendi con loro, gli urli contro che è facile dire “Vai da un dottore” invece di aiutarti.

Non fai altro che sprofondare nella solitudine più buia ed è la goccia che fa traboccare il vaso. Ne hai abbastanza di tutto questo schifo e scegli di agire, di fare qualcosa che non sia semplicemente assecondare quell’assurdo pensiero.


Cominci a pensare: “Se chi mi vuole bene mi consiglia di chiedere aiuto ad altri forse dovrei ascoltarli? Forse la via migliore è questa. Che ho da perdere?”


Così vai da uno strizzacervelli e vai subito al punto: “Buongiorno dottoressa. C’è un pensiero che mi tormenta. Sembra che non sia mio, che non abbia senso. So che non può essere vero, ma è talmente ripetitivo che ha distrutto la mia vita.”


“Ha cominciato a fare delle azioni per evitare che questo pensiero la tormentasse, vero? Per esempio controllare se ha chiuso la macchina o lavarsi più spesso le mani?”

“Sì.” affermi sgranando gli occhi e aggiungi: “Come fa a saperlo?”


La dottoressa risponde: “Ha fatto male ad aspettare così a lungo, immagino che questo pensiero sia comparso tanto tempo fa. Perchè soffrire così a lungo? Mi dispiace dirlo, ma ha la faccia sconvolta dalla paura e dalla sofferenza.”


Scoppi in lacrime e dici: “Pensavo che ce l’avrei fatta da solo. Che questo stupido pensiero se ne sarebbe andato così come è venuto.”


La dottoressa ti porge un fazzoletto e ti dice: “Non si preoccupi, siamo ancora in tempo.”


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